BIANCANEVE di Tarsem Singh

20.04.2012 17:38

Rivisitazione cinematografica con attori in carne ed ossa della celebre fiaba Biancaneve e i sette nani dei fratelli Grimm. Gli autori partendo da qui, cercano di improvvisare un percorso che da un lato li porta a cambiamenti, non decisivi, ma comunque evidenti, della trama originale; dall’altro verso una modernizzazione dei personaggi e quindi dei temi ad essi connessi, con i quali ci portano a riflettere. Un percorso che, seppur visibile, resta poco battuto. E il film di Tarsem Singh alla fine, risulta debole cosa.

Non si intende bene chi sia il vero protagonista della storia: se la regina cattiva, con la voce narrante della quale parte proprio il racconto delle vicende, o Biancaneve. Alla fine le cose non sono ben chiare, ma poco importa: anzi, il fatto di dare maggiore spazio alla regina, costituisce comunque un fattore di originalità. E all’interno dell’opera, sicuramente, il personaggio interpretato dalla grandissima Julia Roberts è quello riuscito maggiormente, soprattutto perché investito di quella tensione moderna di cui accennavo prima: persona d’oggi per l’attenzione alla bellezza esteriore, all’aspetto fisico che va conservato assolutamente con ogni mezzo, e a qualsiasi prezzo, anche quello di vendere l’anima alla magia nera. Personaggio attuale anche per quell’essere un capo di stato senza scrupoli, disposto a chiedere tasse su tasse al suo popolo, senza preoccuparsi delle conseguenze, o addirittura facendo finta che non ci siano le conseguenze, lasciandosi avidamente coccolare dall’oro e dal fasto della sua corte. Questo è forse l’aspetto più interessante di Biancaneve. Anzi, lo spunto. Perché di spunto si tratta. Perché di spunti ce ne sarebbero nel film di Singh, ma rimangono tali. Non parte niente, niente va più in profondità. Alla fine la storia, anche se rivisitata un po’ nella trama e nei personaggi (i nani sono furfanti e ladri, invece di minatori; Biancaneve non mangia la mela, morendo; il principe compare quasi ad inizio storia, invece che nel finale) risulta poco originale: viene anche tolto tutto l’elemento dark e oscuro della fiaba originale. La regina è si un personaggio interessante, ma non è veramente cattiva e crudele: non si schifava degli organi fittizi che gli porta il cacciatore al posto di quelli di Biancaneve, ma li mangiava senza alcun pudore. Anche per questa assenza di una vera e propria oscurità (il male è piuttosto frivolo) il film non suscita interesse e coinvolgimento e non prende più di tanto. Questo dovuto anche per un’evoluzione narrativa a volte discutibile, soprattutto negli snodi dell’intreccio, piuttosto scontati e banali, che non aiutano a far ingranare il meccanismo, facendo risultare la narrazione piuttosto piatta. Funziona invece: il sapore umoristico dato alla fiaba, ancora una volta grazie alla regina, ma anche al principe e ai nani. Le ambientazioni, pittoresche, come i costumi; e la fotografia, che riesce ad inquadrare bene le varie location in cui si ambienta la vicenda, nei loro significati anche simbolici: castello, foresta nera, paese, capanna dei nani. Funziona, a tratti, anche la regia: cerca di essere stravagante, ci tiene a farsi vedere, e non a passare “classicamente” sottotrama. Ma questo intento riesce pienamente all’estroso Singh solo nel finale, durante i titoli di coda: li si vede anche troppo bene! www.youtube.com/watch?v=oUi-2353PHo&feature=share. Non funziona invece, quasi per niente, la morale: non passa, c’è, ma non si nota; e in qualche modo doveva passare, anche nel più retorico possibile!

Un film per famiglie e bambini, quindi, piuttosto ottimista, anche piacevole. Ma non ha il peso delle grandi fiabe. Quelle importanti. Come quel capolavoro cinematografico firmato Walt Disney del 1937. Con il quale questo film di Singh condivide solo il titolo (italiano).

Voto 5