BIANCANEVE E IL CACCIATORE di Rupert Sanders

13.07.2012 18:59

Come per il Biancaneve di Tarsem Singh, uscito anch’esso nelle sale quest’anno, che vedeva nei panni della regina cattiva un’insolita Julia Roberts, così accade che anche questo Biancaneve e il Cacciatore dell’esordiente Rupert Sanders si caratterizzi come una rivisitazione in chiave moderna della fiaba originale dei fratelli Grimm. Se il processo di Singh era stato quello di rileggere la storia in chiave ironica e leggera, concentrandosi principalmente sul personaggio della strega cattiva, rendendolo donna e sovrana tremendamente attuale e moderna, quello di Sanders, invece, è di rimanere più ancorato alla storia originale, nella sua atmosfera dark a luce alternata, ma donandole un respiro più ampio, velatamente fantasy:  quindi portandosi dietro, di conseguenza, tutte le derivazioni in chiave moderna che un fantasy per sua natura ha, o dovrebbe avere, soprattutto di carattere tematico. Biancaneve e il Cacciatore “ha”, ma spesso, “dovrebbe anche avere”.

Il film parte bene, narrato con i tempi giusti, e con tutti gli elementi più caratteristici della storia, che ti fanno già sentire a tuo agio con quella favola che conosci da quando eri bambino. Charlize Theron nel ruolo della strega regina mette in mostra subito tutta la sua classe di attrice: in quel primo piano di una donna quasi in lacrime dalla gioia per aver appreso, per non so quale numero di volta nella sua vita, dallo specchio magico di essere la più bella del reame, è condensato tutto il suo personaggio. Un attimo soltanto per descriverci un intero personaggio e tra i più importanti e decisivi della vicenda.

Fino a quando la protagonista Biancaneve, interpretata invece piuttosto monocorde dalla sempre bella Kristen Stewart, non fugge addentrandosi nella foresta oscura, il film mantiene alta e costante l’attenzione e la tensione, il ritmo narrativo è giustificato e funzionale. Poi lentamente si perde. Il carattere provvidenziale nella storia, per cui solo la prescelta Biancaneve(-Frodo) può sconfiggere la regina e riportare il Regno alla luce e la pace di un tempo, di fatto resta interessante fino all’incontro con il cervo bianco, simbolo di una Natura pura e incontaminata; poi inizia a farsi quasi nauseante come i versi della protagonista stessa. Il film inizia a diventare ripetitivo, fuga-luogo tranquillo-fratello cattivo della regina cattiva che disturba la quiete e fa un po’ di casino: questo si ripeterà per tre quattro volte all’interno della narrazione. Se poi si aggiungono intere sequenze insignificanti, come quella del popolo di donne con le canoe, solo per dare possibilità di ripetizione a questo solito schema, allora si cade precipitosamente nel ridicolo. Come ridicolo risulta tutto il finale, che parte già malissimo con il discorso di guerra pessimo condotto da Biancaneve, che poi va in battaglia senza mai aver combattuto nella sua vita; e in questa stessa battaglia, che per l’appunto è la più importante per la salvezza del Regno - e quindi siamo anche nel momento più importante del film all’interno della sua evoluzione narrativa - uccide la regina in solo due minuti: stabilendo, il film, il nuovo record di “uccisione del boss finale” nella storia del cinema.

A parte questo, il prodotto di Sanders ha un aspetto da tenere in considerazione, che a mio parere lo salva, e anche molto bene (oltre l’ottima colonna sonora firmata dal maestro James Newton Howard): lo rende particolarmente interessante e intelligentemente sottile. Il film si intitola Biancaneve e il Cacciatore, ma tra Biancaneve e il cacciatore di visibile c’è in effetti ben poco. E questo è significativo: di quello che accade tra loro, dei sentimenti che muovono l’uno verso l’altra, non lo sanno nemmeno loro stessi, i protagonisti della storia. Ma piuttosto lo sappiamo noi spettatori, perché il regista, molto sapientemente, ce lo mostra attraverso sguardi individuali, inquadrature nascoste, momenti importanti, come il bacio che riporta in vita Biancaneve, che rimangono nascosti a tutti gli altri personaggi: lo mostra solo a noi, in segreto, in confidenza, con intimità. Si sa l’amore non fa proclami, l’amore tra uomo e donna non nasce nelle piazze in mezzo a tanta gente, ma in un angolo, in un posto isolato da tutti e da tutto quanto. Ma la potenza del film di Sanders non sta nel raccontarci questo, ma nel farcelo vivere concretamente, andandosi proprio a strutturare su questa forza celata. Una forza nascosta, ma che manda avanti la vicenda in ogni suo sviluppo narrativo, e che, senza farsi accorgere, è centro dell’intera pellicola: sia narrativo che tematico. Il finale, pertanto, che a qualcuno potrebbe lasciare interdetto, è solamente l’estrema e naturale, e soprattutto coerente, conseguenza di questo discorso portato avanti dal regista interamente nella sua opera.

L’amore è una forza invisibile, che muove il mondo.

VOTO 6