F1- STAGIONE 2011. Un bilancio

30.01.2012 16:12

STAGIONE 2011. Voto 7
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“Non credo di esagerare se affermo che il Gran Premio del Canada 2011, corso domenica 12 Giugno, sia stata la più bella gara di Formula 1 degli ultimi 5 anni. Un GP che passerà alla storia, che racconteremo alle generazioni future, per tutta una serie di motivi. Anche per il semplice fatto che sia durato ben 4 ore, dalle 19 alle 23, con pausa di due ore compresa. Per il fatto che si e no di 70 giri previsti se ne siano corsi 30, e che quei 30 sono stati di un'intensità unica che non si vedeva da un bel pezzo in Formula 1. Sia per i contatti, per gli incidenti, per la pioggia e le strategie da azzeccare e vincere; ma soprattutto grazie a Jenson Button, e ad una rimonta spettacolare e anomala, dalla 21esima posizione fino alla vittoria; e per il fatto che abbia vinto superando l'avversario all'ultimo giro; e grazie anche all'arrivo da brividi al photofinish tra Massa e Kobayashi, cosa che che in questo sport sa di incredibile, cosa da Motogp insomma, ma neanche più tanto di quella MotoGp attuale.
Un GP vero, di piloti veri, un punto da cui ripartire, una piccola luce in mezzo a tanta oscura monotonia e noia.
Un GP che ci ricorda tutta la bellezza, la spettacolarità, il valore, di questo sport.”

Partirei da qui per commentare la stagione di F1 2011. Con il migliore GP visto quest’anno, e non solo, tra le più belle gare che io possa ricordare.
Una stagione decisamente sopra le aspettative. Come appassionato c’è solo da essere soddisfatto per lo spettacolo che la F1 ha messo in scena quest’anno. Sicuramente uno dei migliori campionati del mondo dell’ultimo decennio. Un po’ noioso per quanto riguarda la sfida di vertice – l’anno scorso si era tutto deciso all’ultimo Gp di Abu Dabhi – però davvero sorprendente per numero di sorpassi e per grandi lezioni di guida. Ci sono sicuramente ancora circuiti da migliorare come Singapore, il nuovo indiano, e altri completamente da eliminare come Valencia. E’ sempre così, il circuito valenciano è ridicolo, ogni anno puntualmente va in scena il Gp più noioso e brutto della stagione. E se poi viene anche chiamato Gp d’Europa, e di conseguenza la nostra mente va al buon vecchio e bel Nurburing, ci abbattiamo e arrabbiamo ancora di più. Ma toglierlo, no?
Il bilancio di questa F1 a fine 2011? In ripresa, quindi, sicuramente. Non mi posso lamentare, ma manca ancora qualcosina. Una più equa distribuzione delle forze in campo, il che significa: 1) eliminare quelle tre scuderie che viaggiano con un motore di serie ed intralciano solamente il passo, in modo da ridurre anche il numero di vetture in pista. 2) cercare di livellare il potenziale delle big, in modo da poter vedere lotte più avvincenti al vertice. E questo ultimo compito spetta soprattutto alle scuderie, in primis Ferrari, e Mercedes.
Una stagione che ha segnato anche il record di sorpassi, ben 800, quasi il doppio dell’anno scorso. Sorpassi veri, capolavori autentici di grandissimi piloti, non solo propiziati dall’ala mobile. L’ultimo in ordine di tempo, quello di Alonso su Button in Brasile, condotto all’esterno in un curvone dove nemmeno l’immenso Senna si degnava di provarci. Quello di Vettel a Monza su Alonso, a 300 all’ora con due ruote sull’erba, il controsorpasso di Hamilton su Webber in Corea, magistrale “alla Senna”, e poi quello più angosciante e sbalorditivo di Webber su Alonso a l’Eau Rouge. Da trattenere il fiato.
Un campionato scontato in fatto di numeri, ma sicuramente divertente. Bene, la strada è giusta. La F1 sta tornando grande. Hamilton, Alonso, Vettel, Schumacher, Raikkonen e anche un Button: la F1 è dei piloti, ma di quelli veri; sono quelli, soprattutto, che fanno ricordare momenti sportivi unici e grandi vittorie.

SCUDERIE:
Ferrari. Voto 2. Nessuna scusante. Per quanto mi riguarda conferma il voto della scorsa stagione. Anzi fa anche peggio, almeno l’anno passato è riuscita in qualche modo a lottare per il titolo piloti fino all’ultima gara, con una seconda parte di stagione che ha visto anche un buon sviluppo. Nel 2011 nemmeno questo: monotonia di prestazione dall’inizio alla fine, una vettura davvero imbarazzante, ridicola. E un muretto box al quale forse è meglio non lasciare alcun commento, perché di aggettivi per poter cercare di giudicare quelli là ce ne sono veramente pochi. Per fortuna Alonso, che riesce sempre a tenere a galla la barca, anche quando sembra inevitabilmente affondare.

Red Bull. Voto 8. Veramente una macchina perfetta. Finalmente, messo a posto il problemino dell’affidabilità, la Red Bull si è trasformata in modo definitivo, diventando un bolide di pura velocità e armonia. Nessuna altra monoposto al suo livello, si muove con una pulizia unica, senza sbavature. Diciotto pole, dodici vittorie, un campionato stradominato. L’unica nota stonata, anche qui, viene dal muretto. Quei signori saranno pure dei geniacci, ma quando si tratta di fare strategie mettono in scena siparietti da recita scolastica. Come l’ultimo ordine di scuderia dato a Vettel in Brasile: che vergogna! Per diventare un’ icona di questo sport ce n’è di strada da fare ancora. Cresciamo. Altrimenti i buon Hamilton e Alonso continueranno a ridacchiare nel vedere quel marchio delle lattine sullo specchietto retrovisore, invece che una Ferrari, una Mclaren, una Williams o una Renault.

Mclaren. Voto 7. E’ sempre una garanzia. Sempre. Un po’ come la Germania nel calcio. Le sue semifinali ad ogni competizione se le gioca sempre. La Mclaren del 2011 non è una vettura velocissima, ma quella che taglia il traguardo all’ultimo Gp non è mai la stessa monoposto del primo. Frutto di un costante miglioramento nel corso dell’anno. Arrivando, grazie a sviluppi indovinati e puntuali, a sfidare la Red Bull quasi ad armi pari negli ultimi Gp. E in totale sono arrivate sei vittorie, un bottino niente male nel mondiale di Super Red Bull. E poi a rendere eccezionale questa scuderia quest’anno è stato anche lo splendido lavoro dei due piloti, due punte di diamante, Hamilton e Button. Ora però si deve anche vincere! Per non assomigliare così in pieno alla Germania del calcio.

Da citare il sorprendente mondiale della Force India capace dopo un inizio veramente difficile di chiudere al sesto posto, e della Toro Rosso, con due piloti quest’anno veramente in palla.

CLASSIFICA PILOTI

10) Adrian Sutil. Scelgo lui, come decimo, per premiare ancora una volta un lavoro più tosto, più difficile, compiuto dal tedesco in una modesta scuderia come la Force India. Il decimo posto finale è merito soprattutto di due prestazione: l’ultima in Brasile, una gara sontuosa, importante, decisiva anche per il nono piazzamento in classifica generale, ovvero dietro i piloti della quattro scuderie principal. E poi nella gara di casa, in Germania, un Gp davvero divertente, dove ancora una volta il “pianista” della F1 tiene dietro entrambe le Mercedes. Un pilota di valore, a volte ha commesso qualche errore, ma che ha classe da vendere. Meriterebbe un volante importante (che dici Ferrari è ora di rimpiazzare l’anonimo Massa?). L’anno passato aveva concluso ottavo nella mia classifica. Ma in questa stagione qualcuno ha fatto meglio di lui, per esempio...

9) Jaime Alguersuari. Arriva la coppia Toro Rosso. Un mondiale di alto livello per lo spagnolo, che porta la Toro Rosso ai fasti della stagione con Vettel. Gli ci vuole un po’ per entrare in classifica, ma quando lo fa non lo schioda più nessuno: grande gara in Corea, di carattere, di forza, e poi arriva, in successione quella nel nuovo circuito indiano, dove stampa anche un bellissimo sorpasso su Senna (Bruno). Due prove che gli bastano per essere catapultato tra i migliori dieci della F1 2011. Sembra finalmente esploso, prima andava a corrente alternata, ora ha trovato il giusto equilibrio e la necessaria continuità.

8) Sebastien Buemi. Che accoppiata quest’anno per i piloti della scuderia di Faenza. Sono sempre sembrati giovani dal grande talento, ma non sono mai riusciti a dimostrarlo appieno. L’ottavo posto del francese, più avanti del compagno di squadra, è soprattutto frutto di una gara eccezionale condotta in Ungheria: partito 23esimo, ha tagliato ottavo al traguardo, grazie ad uno scatto pauroso al via, e a sorpassi in successione, uno più bello dell’altro. In Ungheria, ripeto. Aspettiamo conferme.

7) Sergio Perez. Arrivano le sorprese. Arrivano gli esordienti prodigio. Il messicano è un grande talento, uno su cui puntare in futuro. Una stagione davvero notevole, che ha oscurato anche un compagno di squadra come Kobayashi. Azzecca le gare in Gran Bretagna e in Giappone, compiendo rimonte, e dimostrando di essere un pilota vero, aggressivo quanto basta, pulito nelle mischie come un veterano: non perde pezzi, e in India incornicia una grande stagione con una gara di altissimo livello. Una grande rimonta, a suon di tempi sul giro esagerati per la monoposto che guida. Un lottatore vero, di quelli tosti.

6) Paul di Resta. L‘anno scorso in questa posizione c’era il grandissimo Robert Kubica, uno dei top driver della F1 moderna. Quest’anno, causa un serio infortunio incorso prima dell’avvio della stagione, non ha gareggiato. Ma certamente il nome che troviamo qui non sfigura, anzi può starci anche molto bene: non esagero se dico che questo qua potrà essere il Kubica del futuro, il grande pilota della F1 che verrà. Perché di Resta il talento del pilota ce l’ha nel sangue, come tutti i britannici. Con il volante ci sa fare, e con il pedale non scherza affatto. E’ diventato in poco tempo uno dei miei piloti preferiti. Si è fatto notare già subito alla seconda apparizione: in Malesia fa vedere di che pasta è fatto guidando con personalità in una gara ingarbugliata e in un circuito non semplicissimo. Poi arriva la grandissima prova in Ungheria, in una gara condotta sempre all’attacco, a sfidare tutti anche i più forti, senza timori reverenziali: una prestazione di spessore. E conclude con un’altra prova spettacolare a Singapore. Tanto di cappello!

5) Michael Schumacher. Arrivano i pezzi da novanta. Arriva Il Pezzo da Novanta. Uno dei più grandi piloti di tutti i tempi. Ben tornato Kaiser! Stagione di altissimo livello per lui, se pensiamo a quanto poco ha fatto l’anno scorso e soprattutto alla non eccezionale monoposto che si è trovato a guidare anche in questo mondiale. Dopo un bruttissimo avvio - in Australia è stato a dir poco imbarazzante - Schumi è tornato a rivestire i panni del campione, del pilota unico, del maestro indiscusso, di quel talento che è cresciuto con un volante in mano, che in Formula 1 si è fatto gli ossi e la gavetta con gente del calibro di Senna e Prost o Mansell, riuscendo anche a tenergli testa alcune volte, e che ha vinto più di tutti in questo sport, certo con la macchina più forte, ma battendo anche tipi come Damon Hill, Mika Hakkinen, e Fernando Alonso. Inizia quindi a farsi notare in Spagna con una buona prestazione, dove riesce anche, per la prima volta in questa stagione e una delle rare volte da quando è tornato, a stare davanti al compagno di squadra. E poi compie un vero capolavoro in Canada, nella gara capolavoro, resa tale non solo per merito di quello che ha saputo fare Button, ma anche suo. Sotto il diluvio di Montreal il Kaiser impartisce lezioni di guida purissima a tutti quei “pivelli” che gli corrono accanto, sorpassandoli da tutte le parti, in tutti i modi, nelle condizioni più estreme. Un modo di guidare da altri tempi. Tempi gloriosi e grandi per questo sport. Oggi vera e propria antologia. Altra prestazione di livello in Gran Bretagna, dove veramente sembrava di vedere uno Schumi più giovane, fresco, aggressivo, ed entusiasmante. Poi bè, un pilota come lui, dove lo trovi sicuramente? A Spa. Non manca l’appuntamento con la grande pista del Belgio, l’Università di tutti i piloti. Una gara alla sua maniera: in rimonta. Da 24esimo a quinto, con cura di ogni minimo dettaglio: partenza strepitosa, sorpassi da manuale, gestione gomme altrettanto, strategia perfetta. Dimostra di essere ancora un Campione vero. E poi di filato Monza: ancora una prova sbalorditiva, dove questa volta il Maestro ci insegna come si difende una posizione in gara da una macchina più veloce della tua, e, ripeto, a Monza, non a Montecarlo. A Suzuka e poi in Corea, suggella una stagione sorprendente, sopra ogni aspettativa, concludendo all’ottavo posto assoluto nel mondiale piloti. Ha insegnato mostrando quel talento puro, che sembra essercene sempre meno nell’automobilismo, e soprattutto ha fatto divertire il pubblico. Grazie Michael!

4)Lewis Hamilton. Da migliore a quarto. In teoria sarebbe terzo pari merito con Alonso, ma preferisco, tra i due premiare un po’ più lo spagnolo, perché Hamilton mi ha deluso di più. Certamente non è difficile rimanere delusi da un pilota come lui, dal quale ti aspetti sempre non grandi cose, ma grandissime. Quando ti metti nella posizione di “migliore”, almeno per me, le aspettative che devi cercare di mantenere sono alte. Non voglio stare troppo a dilungarmi su di lui, anche perché ne ho parlato moltissimo, soprattutto nella stagione passata. Posso solo e semplicemente dire che, dopo questo 2011, il mio parere non è cambiato: è il pilota più forte della Formula 1 moderna, e non solo, uno dei migliori di tutti i tempi, almeno da quando guardo questo sport (e vi dico solo che di come guidava un certo Ayrton Senna me lo ricordo). Certamente l’inglese è incappato in qualche errore di troppo, dovuto anche ad un accanimento nei suoi confronti che veramente non sono riuscito a capire. Non gli si perdonava più nulla, più alcun contatto: sembra che non ci si possa più nemmeno toccare in Formula 1, sembra diventare uno sport per fanciulle. Ma chi del settore la pensa così vada a praticare danza o pallavolo, e chi degli opinionisti, invece vada a guardare altri sport e a parlare di quelli. Per smentire tutti quelli che hanno criticato l’inglese in questa stagione, potrei anche scegliere soltanto il grandissimo controsorpasso su Webber in Corea, una perla di automobilismo puro, l’incarnazione dell’eroismo in F1. Ma voglio approfondire un tantino di più, non tanto però, credo che bastino due gare, due soltanto. Riguardatevi Gp della Cina, e quello di Gran Bretagna. Come stava addosso a Vettel a Shangai: da brividi, metteva pressione anche a me che guardavo la gara. Comunque ricopio il commento che ho scritto in merito alla gara di Silverstone, perché non solo parla della corsa dell’inglese, ma ne traccia anche un buon identikit. Non me ne vogliano i tifosi Ferrari, ma qui non si tratta di un mio piacere soggettivo. Qui la cosa è oggettiva: è lui il vero mattatore di Silverstone. Esemplari i primi due giri: se avesse avuto una Mclaren di qualche anno fa, quella dalle tinte bianco-rosse, e un casco giallo-verde brasiliano, tutti lo avrebbero scambiato per il grandissimo e compianto Ayrton Senna. Se arrivi ad assomigliare a lui nello stile di guida, in gara, e soprattutto nella Formula1 di oggi, allora vuol dire che hai raggiunto il massimo. Cinque sorpassi in meno di due giri, senza ala mobile, e con la pista mezza asciutta e mezza bagnata. Supera tutto quello che gli sta davanti e lo fa con una tenacia e una forza paurosi. Dove gli altri lasciano il piede dall'acceleratore, lui sembra non farlo, senza paura, conoscendo i limiti, riesce a camminare sulla corda come un funambolo, anzi, a volte mette un piede nel vuoto, ma inspiegabilmente, come i geni, riesce a trovare appoggio, e nuovo equilibrio. Hamilton è un fenomeno, nulla da dire. Quel "vai piano, sennò rimani senza carburante" detto a lui è un omicidio a questo sport, allo spettacolo, tant'è che sarebbe stato bello vederlo con un pieno di benzina in più. La Mclaren domenica non era quella bianco rossa, ma una sua parente molto alla lontana, molto più lenta. Nettamente inferiore a Ferrari e red Bull, se non anche alla Mercedes, Hamilton riesce a portarla dal decimo posto al quarto, alle soglie del podio. E quel testa a testa finale vinto, con Massa, per difendere un quarto posto, rischiando di andare fuori, è l'ennesima prova di tutta la purezza incontrastata di questo pilota!” Bè non aggiungo altro.


IL PODIO:


3) Fernando Alonso
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Quello che ha fatto Fernando in questa stagione con quel carretto di colore rosso, è qualcosa che solo delle divinità riescono a fare. Come si chiama? Ah si. Miracolo. Se fossi stato al suo posto tante di quelle volte avrei parcheggiato quel trampolo ai box e me ne sarei andato. Ma lui no, non l’ha fatto. Perché lui ha un umiltà spaventosa. Perché Alonso è un professionista vero: gli chiedi di fare il massimo, io lui lo fa, anche se guida una macchinina della Peg Perego per i bambini dai 6 ai 10 anni. Lo fa, perché, la Formula 1 non solo è la sua passione, ma è anche il suo lavoro, è quello con cui campa (certamente molto bene)! E lui ha fatto tutto nel migliore dei modi. E’ riuscito a portare la sua scuderia tanto in alto e più di quanto si sarebbe meritato. E il confronto con il compagno di squadra, anche se si chiama Massa, è ancora di più la prova di quello che è riuscito a compiere in questo mondiale. Pedale pesante, l’ho sempre detto, Alonso è un cyborg: sembra un pilota automatico. Quando si impartisce un ritmo gara, un tempo, è sempre quello costante per una successione di giri incredibile: ma quello preciso, al secondo. Martellante come nessuno, efficace come pochi. Vince solamente in Inghilterra, ma alla fine riesce ad andare a podio ben 10 volte e, ripeto, senza i “nessun podio”, ma non solo, i “nessun quarti posto addirittura” del compagno di squadra (si lo so si chiama Felipe, però dai!), è veramente un’impresa. Cosa fa in Spagna?, per esempio: una partenza che varrebbe da sola tutto lo spettacolo sportivo del Gp; cioè se anche dopo avessimo visto zero sorpassi, e un trenino di macchine talmente noioso che ci saremmo anche addormentati, avremmo comunque detto di aver visto un bel GP: perché sono quei momenti sportivi che ti rimangono in testa, e per sempre! Poi inizia la sua seconda parte di stagione sempre strepitosa, è di solito così per Alonso: e parte da Silverstone, da sempre uno spartiacque del campionato. E’ l’unica vittoria del team, e lui vince meritatamente: “Alonso è il bel pilota che conosciamo, quel pilota che quando sente l'ordine di scuderia "spingi", dà gas, e martella tempi su giri da "capogiro", e questo lo faceva quando guidava una modesta Minardi, una grande Renault e una piccola Renault, e lo fa anche adesso”. E poi arrivano Germania, Giappone, Corea, India, Abu Dhabi e il capolavoro finale, in Brasile: quel sorpasso su Button ai primi giri è un altro di quei momenti sportivi che certo non dimenticherai mai. Un sorpasso da fenomeno vero, all’esterno in un curvone dove nemmeno l’illustre Senna osava sorpassare, lui che era il Re incontrastato a Interlagos.
Non ho mai nominato il nome della scuderia per cui corre Alonso, per due motivi: uno, un pilota di questa classe non si merita di essere associato ad un nome di una squadra che nella Formula 1 di oggi è tra le più scarse ed imbarazzanti, in tutti i sensi. Due, perché non si merita questa monoposto. Non associandolo a questa, per me è come se non la guidasse.

2) Sebastian Vettel
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Secondo titolo mondiale di fila. E questo stravinto, strameritato. Il tedesco non è più una sorpresa. Devo dire che dopo Ungheria, dove arrivava già con una serie di Gp mediocri, l’ho criticato pesantemente, sebbene un inizio di stagione fenomenale. Errori madornali, gli stessi di sempre: il solito pilota inconsistente, impalpabile, per niente comprensibile. Poi la svolta. Dove? A Spa, e dove sennò. Eh si, li tra le montagne belghe, nel più bel e difficile circuito dell’automobilismo, il giovane talento esce allo scoperto definitivamente, mostrando i muscoli. Tutti e tutto in una volta. Dimostrando di vincere li dove solo i Campioni hanno vinto (e Felipe Massa a tavolino, ma questa è un’altra storia). “Se vinci a Spa, vuol dire che qualcosa vali, che sai guidare, perché non conta solo la macchina. Conta non rallentare a l’Eau Rouge, farla a gas spianato, senza paura, conta saper usare il volante a Pouhon e Blanchimont. Oggi Vettel ha dimostrato di essere forte, ha tirato fuori gli attributi: voleva dimostrarlo, voleva vincere, e l’ha fatto, contro una concorrenza agguerrita, contro le gomme che si spappolavano dopo due giri. Poteva accontentarsi benissimo, ma non l’ha fatto. Oggi ha detto: quest’anno a Spa vinco io, perché voglio far vedere che sono un campione, e vinco anche il titolo 2011. Era il giorno di Schumacher, e il tedeschino ha voluto far scorgere dietro quel casco a tinte argentate un volto, che potesse assomigliare a quello che si nascondeva dietro quello splendido casco dorato celebrativo. Il volto del futuro, del possibile futuro. Di strada ce n’è tanta, ma tanta, da fare, e solo Spa non può togliere tutte le ombre di un pilota ancora debole sotto molti aspetti, ma la via, forse, è quella giusta. Ed aver preso la strada giusta, è già qualcosa di significativo, e non meno importante, di quella che poi sarà (e come sarà) la meta.” E poi, subito dopo, il Gp successivo, ecco in mondo visione, quel sorpasso capolavoro, a 300 kilometri orari, su un certo Fernando Alonso, con due ruote sull’erba. Senza rallentare, a gas spianato. Basterebbe per ricordare l’intera stagione di questo ragazzo, che si è consacrato un vero fenomeno, un osso duro, di quelli che hanno voglia di diventare i più forti di sempre, di quelli che quando gli dai un mezzo che cammina, sanno solo vincere. Come era per il grande Schumacher. E lo accosto molto volentieri al più illustre pilota tedesco. Perché Sebastian per molti versi gli assomiglia, e sembra già aver intrapreso quella strada che molti anni prima aveva percorso Michael. Vogliamo solo conferme, perché con lui ad alti livelli, la Formula 1 sarà ancora più interessante. Voglio tuttavia aggiungere anche Singapore, Corea, India, e Brasile: ancora dimostrazioni di forza, di carattere e di superiorità di quello che a me piace chiamare “ibrido di velocità”: un tutt’uno tra macchina e pilota, qualcosa di sbalorditivo per chi guarda e apprezza questi sport, un qualcosa di unico, e un qualcosa di speciale. Una simbiosi di velocità e adrenalina pura, che basta ad emozionarti. Oggi, solo questa mitica Red Bull, e questo pilota, Vettel, riescono a dare vita a questo “supereroe”.

1)Jenson Button
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“domenica non era il solito Button, ma un pilota nuovo, un pilota unico e raro. Un pilota che ammirarlo in quello che ha fatto è stato qualcosa di sportivamente superlativo. Un mix di potenza e calma, velocità e lucidità, precisione e intensità aggressiva. Ebbene il signorino si trovava in 21esima posizione. In non so quanti pochi giri, è riuscito a recuperare, a compiere sorpassi a catena, uno dietro l'altro, uno più bello e pulito dell'altro, fino a recuperare manciata di secondi su quel Sebastian Vettel, che guarda caso, guidava e ha guidato la corsa per 69 giri. Gli è arrivato addosso, mettendogli una pressione assurda all'ultimo giro che non ha lasciato scampo al tedeschino (ancora debole come "campione"), andato in testacoda e costretto alla seconda posizione. Button così va a vincere una gara incredibile. Una rimonta storica, forse l'unica compiuta dalla 21esima posizione, quindi più incredibile di quelle a cui ci aveva abituato un signor Schumacher in Ferrari. Però ancora più grande, perchè a differenza di Schumi che a quei tempi guidava una vettura di un altro pianeta, Button di certo domenica non aveva la monoposto più veloce. Una vittoria sua, fatta di giuste strategia, nella seconda parte di gara, azzeccate e mirate come sempre, per poter rendere al massimo le gomme.
Una delle prestazione automobilistiche più grandi della storia di questo sport.”

Di nuovo basterebbe questo commento al GP del Canada per premiare a pieni voti Jenson Button e la sua strepitosa stagione. La stagione della sua definitiva consacrazione. Sono sempre stato un sostenitore di questo pilota da quando correva con Renault e Bar: ho sempre visto in lui un talento puro, di quelli raffinati, che se ne vedono pochi al giro. Ma soprattutto tutti abbiamo potuto ammirare il cervello di questo pilota qua, la sua precisione, la cura maniacale in ogni minimo dettaglio: la creazione di piani strategici micidiali, efficaci, per esempio in Spagna, dove è riuscito a recuperare 26 secondi di distacco da Webber e riuscire anche a passarlo, attraverso una strategia pianificata alla perfezione, nella sosta ai box, nell’uso del set di gomme giuste al momento giusto, nell’attenzione alla loro usura e nello sfruttare i limiti dell’avversario. Lo Shikamaru della Formula 1, per chi ne sa un po’ dell’anime Naruto. O più universalmente parlando, il Napoleone di questo sport. Ecco, quest’anno, Button ha dimostrato non solo di avere questa immensa dote, ma anche di saper essere aggressivo, cattivo, quanto basta, di saper tener testa alla grande al compagno di squadra Hamilton, e di riuscire alla fine, ad essere stato l’unico in grado di mettere un po’ di pressione all’irraggiungibile Vettel, come in Canada appunto, o in India dove i due hanno creato il vuoto dietro di loro. Da citare le ottime prestazioni in successioni, nei grandi circuiti di Spa e Monza, dove ha dimostrato una freschezza di guida ad alta velocità disarmante. Poi senza sosta arrivano le gare in Asia, Singapore e Giappone, dove ancora una volta domina lui, in modo spietato e concreto allo stesso tempo, equilibrato e aggressivo. E poi bè come da aspettarselo si conferma ad alto livello nel finale, confermandosi quindi il miglior pilota di questo 2011. E sicuramente tra i migliori in questo sport. Un Lord inglese al volante, geniale quanto veloce.

Alla prossima!