GLI ESCLUSI CHE VANNO RICORDATI

15.01.2014 07:44

9) The Sessions di Ben Lewin. Anche in questo caso una gran bella sorpresa. Un film indipendente costruito per sottrazione, povero, essenziale, senza orpelli, ma di una forza unica, di una bellezza rara: un insieme puro, perciò autentico. Emerge la regia chiara, senza sbavature, di Lewin, la strabiliante prova d’attore di John Hawkes, supportato da una sceneggiatura sempre attenta a lui e agli altri personaggi.

8) Come un tuono di Derek Cianfrance. Talento interessantissimo quello del giovane regista americano. Che indaga con disinvoltura ma senza superficialità i sentimenti che muovono l’uomo, le sue azioni, che formano la sua personalità. Qui Ryan Gosling dà vita ad un giovane “complicato” pilota di moto, che scopre di avere un figlio, e lavora per essere un padre. Un film che, senza l’eccessiva lunghezza, sarebbe rientrato anche tra i migliori di questo 2013.

7) The Master di Paul Thomas Anderson, presentato alla 69esima Mostra del Cinema di Venezia, è il film, banalmente e sintetizzando all’estremo, su Scientology. Meno banalmente, il film del grande autore Anderson è un’opera ampia e importante, che racconta dell’uomo e della sua psiche, oggetto strano e sempre misterioso. Perciò accattivante. Si poteva, tuttavia, dire di più: non dirlo meglio, perché il film è impeccabile, come eccezionali sono Joaquin Phoenix e Philip Seymour Hoffman.

6) Spring Breakers di Harmony Korine. Korine è lo sceneggiatore dei kids immaturi e violenti di Larry Clark. Ne riprende per molti versi le tematiche e l’impatto: forte, violento, come un pugno allo stomaco. Un film non per adolescenti. Ma per i genitori, che spesso non conoscono il mondo dei propri figli. Soprattutto quello interiore. James Franco è inedito e sbalorditivo. La scena musicale del pianoforte al tramonto è tra le migliori di questo 2013.

5) Redemption Identità nascoste di Steven Knight. Mi aspettavo il solito film d’azione mezzo thriller con il solito Jason Statham: piacevole, per carità, ma nulla più. Sono rimato interdetto, quasi spiazzato, fin da subito dall’opera di Knight, che poi ho scoperto essere lo sceneggiatore de La promessa dell’assassino di Cronenberg, film questo decisamente autoriale, anche in fase di sceneggiatura per l’appunto. Infatti Redemption è opera dal piglio autoriale che racconta la storia di redenzione di un uomo attraverso strade diverse, e non sempre giuste, ma che pongono questioni, e non lasciano spegnere il cervello. Moralmente impegnato, dalla messa in scena meticolosa e curata, il film di Knight forse è la vera sorpresa di questo 2013. Non mi resta che consigliarvelo, davvero.

4) Blue Jasmine di Woody Allen. Di solito il buon Woody azzecca un film e l’altro no. Dopo To Rome With Love, film pessimo, era naturale aspettarsi qualcosa di meglio: puntualmente è arrivato. Blue Jasmine riconsegna agli appassionati del suo cinema, e a tutti noi, il vero Woody Allen, quello che conosciamo, dai titoli di testo a quelli di coda: sono le sue storie, sono i suoi personaggi, è il suo piglio grottesco, umoristico e a modo suo graffiante sulla realtà. Il film ci consegna anche un’insolita Cate Blanchett: bravissima come sempre.

3) Noi siamo infinito di Stephen Chbosky. Tratto dal romanzo cult di cui lo stesso regista ne è l’autore, Noi siamo infinito è un piccolo gioiellino, una piacevole sorpresa. Un film formato adolescenziale, ma decisamente superiore alla media dei film adolescenziali cui siamo abituati, ultimamente. Un film ricco di tante piccole cose, che può stupire, emozionare, può far riflettere e far piangere. Coraggioso, e diretto: sincero. Reale. “Noi siamo infinito” è un’affermazione tanto vera quanto essenzialmente fondamentale. Da non sottovalutare.

2) La grande bellezza di Paolo Sorrentino. Il suo cinema lo conosco tutto. La grande bellezza, sbandierato prima della sua uscita come il nuovo La dolce vita, non è il suo miglior film. Non è nemmeno lontanamente l’affresco epico-esistenziale di Fellini. Ma Sorrentino ci sa fare, sa fare cinema, un cinema altissimo, potente. Spesso trasborda nella sua eccessiva esibizione del suo talento, e perciò i suoi prodotti ne risentono. La grande bellezza è tuttavia un dipinto che va ammirato, un inno che va letto e ascoltato: a Roma, ai suoi movimenti, ai suoi personaggi, strani stravaganti. Un inno alla bellezza, a volte del brutto, a volte del sublime.

1) Holy Motors di Leos Carax. È l’escluso più illustre dalla Top Ten, e dagli “esclusi illustri” che seguiranno nel successivo post. Forse dipende da me, che non l’ho capito appieno, non ho recepito quello che Carax e il suo trasformista Denis Lavant volevano suggerirmi. È tuttavia il film-evento dell’anno, come lo era stato un paio d’anni fa The tree of Life di Malick: “perché se il cinema è morto questa è la prova che il suo culto è più vivo che mai e che possiamo ancora essere sorpresi e illuminati”(Marianna Cappi); perché è un cinema che apre a nuovi scenari, a nuovi sguardi. Che pretende un grado di attenzione superiore. Che scuote, disturba, guasta lo spettatore, quello che riesce a sviscerarlo. Per approfondimenti, quelli che io non posso darvi, vi suggerisco di dare una letta da queste parti 

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