LA TALPA di Tomas Alfredson

30.01.2012 15:36

Non sono ancora riuscito a vedere quello, che a detta di molti, è il miglior film horror degli ultimi anni di cinema: Lasciami entrare, firmato per l’appunto da Tomas Alfredson, regista di La Talpa; bè, nel vedere questo suo secondo film, primo esordio inglese, e la sua splendida quanto asciutta e potente prova di regia non mi resterà difficile, una volta visto il suo esordio, concordare con quei molti. La Talpa inaugura, per quanto mi riguarda, questo 2011, e lo fa nel migliore dei modi. Perché è decisamente un ottimo film. Ambientato negli anni della Guerra Fredda, il film proprio per questo poteva scivolare in un terreno quanto mai ovvio e scontato nel mondo del cinema, perché le rappresentazione su questo periodo storico si sciupano. Ma il romanzo di Le Carrè, dal quale è tratta la sceneggiatura, non è affatto banale, anzi riesce a prenderti e sorprenderti, con una storia che ha nel thriller e nei suoi meccanismi il centro e i suoi veri punti di forza; non tanto, quindi, nella politica e nel conflitto dei vertici britannici e russi, che sono i protagonisti della storia.

Essenzialmente un film di genere, dunque. Ma di quelli ben confezionati, di quelli che ti “intrattengono”, nel vero senso della parola: dal buonissimo intreccio a livello di scrittura, dalle esemplari e curatissime scenografie, dalla splendida, evocativa, e scura, a volte soporifera (ma in senso buono) fotografia, fino ad arrivare all’ottimo cast. Tra un Gary Oldman, da tanto tempo non così bravo, passando per un Colin Firth, che dimostra di essere “uno che ha vinto l’Oscar”, e un Tom Hardy, che sta letteralmente esplodendo, e per finire con la bellissima sorpresa Benedict Cumberbatch, lo Sherlock della serie televisiva.

Un film di genere con gusto un po’ retrò, un po’ cinema anni ’70, dove alla regia di Alfredson piace stare, e senza tornare, almeno non eccessivamente, nei più delineati percorsi del cinema moderno. E così, il ritmo lento ne fa da padrone, in parte giustamente, in parte un po’ meno: perché sicuramente il pubblico di oggi ha bisogno di spy story che sappiano essere, anche nel complessivo, in modo diluito ed omogeneo, decisamente più spigliate. Dall’altro lato però la natura, come dicevo, un po’ soporifera, tetra e silenziosa del film, è coerente ed efficace con quello che si vuole rappresentare: la tensione, più psicologica che fisica, più riflessiva che urlata, più nei dialoghi che nell’azione, che può creare “una possibile talpa russa dentro al KGB”. E sarà proprio lo Smiley interpretato da Oldman, estromesso insieme al suo capo Control (al quale dà corpo e voce il grande John Hurt) dalle alte sfere di spionaggio grazie proprio al lavoro occulto, ma efficace, della misteriosa talpa, a cercare di trovare il bandolo della matassa, cercando di fidarsi di solo alcuni collaboratori.

Una spy story, che non vuole essere altro di più, che non vuole dire altro, perché quel di più lo trova già in sé stessa, in quella perizia e sapienza costruttiva che costituiscono la sua natura come genere cinematografico.

 

VOTO 8 

PS: l'immagine rimanda ad una delle scene più belle del film. Magistrale.