LO SPETTACOLO IN CAMPO. OBBROBRIO IN TRIBUNA.

26.03.2013 07:14

Quella andata in scena domenica nel pomeriggio tardi al PalaBianchini di Latina, è stata una partita di pallavolo emblematica: nell’esprimere la bellezza, a volte nascosta, di questo sport; e allo stesso tempo nell’espressione massima di cosa questo sport (e qualsiasi altro sport) non dovrebbe mai essere.

Un manipolo di poliziotti, ben equipaggiati, hanno scortato i pullman della squadra di San Giustino, e si sono messi a protezione dell’angolo di palazzetto loro concesso. Per un evento sportivo. Ecco, il paradosso è visibile, chiaro, e alla luce del giorno: talmente evidente che è impossibile lasci indifferenti, e non possa suscitare riflessioni logiche, umane e moralmente sensate. Non esiste che lo sport, simbolo di unione, passione, emozione, convivenza, crescita, amore, divertimento, sia anche minimamente accostato a polizia, scorta, protezione, sicurezza, che si portano dietro concetti come violenza, aggressione, insulti. Siamo stati testimoni di uno scenario sovvertito, inermi di fronte ad uno spettacolo che si manifestava inequivocabilmente per quello che era: reale. Animali in curva che grugnivano offese contro uno dei più grandi campioni della nostra pallavolo, Sartoretti, appartenente a quella “generazione dei fenomeni” della Nazionale Italiana che in 11 anni ha mostrato al mondo una delle migliori pallavolo di sempre; genitori con figli a seguito che offendevano in modo plateale ed eccessivo giocatori del San Giustino; addirittura gente di una certa età che piuttosto che esultare dei punti della propria squadra preferiva irridere e proferire insulti agli errori commessi da parte degli avversari. Una rissa sfiorata, e tanto altro.

Peccato, perché in campo stava andando in scena, invece, un degno e alto spettacolo di pallavolo, tra due formazioni che si sono affrontate fino all’ultimo punto dell’ultimo set. Una partita tirata, mai scontata, mai banale, sempre imprevedibile nelle pieghe che avrebbe potuto prendere. Altotevere San Giustino ha giocato una delle migliori partite della stagione: i giocatori ci hanno buttato tutto in quel parquet. Non ci possono essere rimpianti in partite come queste. Perché la differenza la fanno i dettagli, le piccole cose: e si sa, nei dettagli, la squadra più forte, e più esperta ha sempre la meglio. Così è stato. Peccato, perché quel pallone battuto da Maric a servizio, nel terzo set, a risultato di 24-22 in favore loro, che si arrampica sulla rete, ci cammina in bilico, per poi cadere dall’altra parte di campo, faceva presagire e auspicare un destino diverso: più piacevole e meno amaro.

A differenza degli sfottò che imperterriti arrivavano dalla parte opposta della tribuna, da quei soliti animali, a cui accennavo sopra, che invece di inneggiare alla vittoria della propria squadra si compiacevano nell’offendere chi ha perso, e per rendere tutto più memorabile si sono svestiti delle maglie in modo da poter mettere in mostra le proprie bellezze, e bloccare così definitivamente la crescita dei bambini presenti al palazzetto; ecco, a differenza di questo che resta a loro, a noi sangiustinesi resta l’amarezza per un risultato che ci avrebbe sicuramente inorgoglito, ma restano soprattutto quegli applausi tributati alla squadra, e qualche lacrima, che non è esagerazione, ma esprime in modo chiaro la portata emotiva e quindi umana dello sport. Lo onora, lo innalza.

Un punto alla vittoria, per proseguire il cammino di un campionato, comunque già buono per San Giustino. Un macth point. Poco, pochissimo. Dicendola alla Bud Spencer, in quel capolavoro che è Nati con la camicia, veramente ci è “mancato giusto un mazzetto di peli così”.

https://www.youtube.com/watch?v=DPNpcN4byzQ