L'UOMO D'ACCIAIO di Zack Snyder

23.06.2013 20:03

Credevo moltissimo in questo film, visto l’unione formidabile di menti geniali quali Christopher Nolan, David S. Goyer e Zack Snyder. E visto quanto quello splendido teaser prima, e quel trailer poi, ci avevano mostrato. Sembrava veramente che L’Uomo d’acciaio potesse portare ancora più in alto il percorso di resa artistica ed autoriale del genere blockbuster e del genere supereroi: più in alto di quanto avesse fatto già lo stesso Nolan con la trilogia di Batman. Invece delude, molto miseramente, molto imprevedibilmente, e molto, ma molto, banalmente. Non solo questo prodotto non possiede le qualità e peculiarità dei film di Nolan, ma nemmeno di altri film su supereroi già realizzati, e nemmeno di blockbuster più recenti, vedi l’eccezionale risultato raggiunto da Into darkness-Star Trek.

Funziona poco, pochissimo, dell’ultimo film di Snyder, dalla sceneggiatura, alla regia, effetti speciali, e interpretazioni degli attori. Il film è lungo, eccessivamente, e lento, ma paradossalmente troppo rapido nei cambi di ritmo, negli intrecci cruciali della storia. Lo spettatore è catapultato in qua e là, tra presente e passato, e ogni sequenza è raccontata senza ragionata profondità e senza il giusto ritmo. Troppe facilonerie insite nel racconto narrato, che fanno scadere il prodotto già prima di poterlo assaggiare (tra tutte la evidente e stucchevole analogia con la parabola storica di Cristo). Traspare ed è evidente l’intento di rendere la storia più potente sotto molti punti di vista, dalle tematiche narrate, come l’esclusione del diverso, l’ineluttabilità del destino, che fa da contraltare al libero arbitrio, la speranza, la ricerca intesa come ricerca interiore di se stesso, e esteriore di quel “altro”, che per Superman significava famiglia, fratello, suo simile, riservando ampio spazio ai dialoghi, e con inquadrature sofisticate, alcune di squisita essenza cinematografica, perché riempite dal dettaglio e dal particolare, che diventano qualcosa di gigantesco e fondamentale. Ma eccede Snyder, eccede e non centra il bersaglio: la mdp continuamente a spalla non ha senso per un film che vive e respira soprattutto dell’ossigeno delle imponenti inquadrature da intrattenimento puro; e sinceramente riprendere ogni qualsiasi cosa che vola nel film allo stesso modo, a campo lungo con zoom in avanti a scatti, diventa insopportabile e nauseante.

L’uomo d’acciaio, detto anche Man of Steel, non ha la profondità dei film su Batman: Clark Kent non vive i dubbi interiori che guastano e disturbano l’animo di Bruce Wayne, e Zod, il cattivo di turno, non ha di certo lo spessore di un Joker o di un Bane, ma nemmeno di altri villan apparsi nel grande schermo: privo di sostanza, non è costruito su un background stratificato come quello che eleva in alto i potenti nemici di Batman e non solo; e non fa nemmeno paura: non crea, non si crea, e l’interesse dello spettatore nei suoi confronti svanisce fin da subito. L’uomo d’acciaio non ha nemmeno il carattere esistenziale e filosofico di Watchmen, dello stesso Snyder: ci prova, ambisce ad averne addirittura di più, ma i dialoghi troppo spesso arrivano subito al centro del problema senza farci rendere conto del contesto circostante, fondamentale per non sentirsi spaesati e spersi. Così a volte alle nostre orecchie giungono insegnamenti importanti, tramandati non solo a parole, ma anche attraverso le immagini, ma pochi di questi trovano felice corrispondenza con il film e la storia narrata; altri, la maggior parte, purtroppo, restano come aforismi di un libro di aforismi, che non si struttura come racconto narrativo. Ma questo è un film.

Un film che delude, amaramente. Che fa fatica anche, semplicemente, ad intrattenere, perché l’azione quando arriva abbonda e gonta di fuori, imbrattando tutto il resto. Un prodotto mancato, un mix d’autori che non ha funzionato. Questa volta. Ché io non mi sento di bocciare, per il futuro. Anzi.

VOTO 5