Nel calcio contanto i dettagli. Piccoli dettagli.

13.03.2013 19:36

Erano già pronti i proclami, le scritte a caratteri cubitali, le asserzioni migliori nei quotidiani sportivi, che avrebbero inneggiato al Milan, alla sua impresa, di aver buttato fuori il Barcellona dalla Coppa Campioni, il Barcellona, la squadra “più forte al mondo”: la rivincita italiana al dominio calcistico spagnolo, che va avanti ormai da qualche anno. Ci avevano creduto i tifosi, anche quelli della Juve, perché si sa un possibile Barcellona ai quarti sarebbe stato poco gradito. Ci aveva creduto il sottoscritto, anche se, serate come queste, contro questo Barcellona, sono sempre da tenere in conto! Ricordate il 7 a 1 rifilato l’anno scorso al Bayern Leverkusen?

L’impresa non era impossibile, era alla portata di mano degli uomini di Allegri, era necessaria: per la storia di questo club, per il calcio italiano. Invece nei primi 20 minuti della partita di ieri sera, siamo tornati con i piedi per terra, perché il gioco dei catalani è stato pressoché perfetto, assurdo nella sua maniacale cura di ogni dettaglio, dal pressing a tutto campo operato con “foga” e, paradossalmente, ordine, alle perfette traiettorie nella fase d’attacco: traiettorie degli inserimenti senza palla, dei movimenti a disorientare, traiettorie di passaggi dosati con la precisione di un bilancino, e traiettoria di un pallone che si alza improvvisamente, e a velocità impressionante si insacca all’incrocio dei pali. Difficile essere più forti di questo, di un’onda così devastante: quasi impossibile per questo Milan. Che, tuttavia, poteva fare qualcosa di più. Per esempio non mettersi intorno a Messi in sei, per impedirgli di tirare, ma semplicemente non far arrivare quel pallone nei piedi di Messi, che trasformano tutto in oro: e se El Sharaawy fosse stato un po’ meno in ritardo, quel pallone sarebbe stato intercettato.

Comunque a parte questi primi, impressionanti, 20 minuti, dove, secondo me, poche delle squadre di oggi sarebbero riuscite a resistere, la partita nel suo complesso è stata giocata a viso aperto, ed è stata imprevedibile fino all’ultimo. Ed è stata giocata a livello tattico in modo intelligente dal Milan, senza paura, senza buttare via palla: anche se, per fare un gioco di questo tipo, devi avere gente con i piedi buoni a centrocampo, che possano uscire palla al piede, o con un triangolo veloce, insomma meglio di quelli che Dio ha donato a Massimo Ambrosini (che ci ha messo comunque un grande cuore) o a Flamini, e ancora meglio di quelli di un Montolivo, che a volte sembra dimenticarsi cosa sia quella cosa rotonda che rotola sul campo, e in che modo vada usata. Comunque sono da apprezzare le intenzioni di un Milan che è andato al Camp Nou con il solo intento di fare gol: solo questo si chiedeva alla squadra di Allegri. E solo un palo, maledetto, fatale, lo ha impedito. Da lì le sorti della squadra italiana sembravano segnate, soprattutto perché dopo soli pochi minuti il Barcellona degli alieni ha segnato il 2 a 0, pareggiando i conti con il risultato dell’andata.

Il Milan, che se ne dica, esce a testa alta, e non ridimensionato, se esaminiamo il doppio confronto; e non lo dico da milanista. È semplice: a San Siro, partita perfetta del Milan che non ha concesso un tiro al Barca, facendo passare una serata tranquilla ad Abbiati, e segnando due gol; al Camp Nou partita perfetta del Barcellona, con un Milan, però, che ha messo i brividi a Valdes in più di un’occasione, con El Sharaawy, Boateng e Robinho nel finale, e soprattutto con quel palo preso da Niang, che ancora trema e che ha fatto tremare non poco gli spalti dello stadio affollati da quasi 90.000 spettatori. In proporzione, quindi, il Milan sembra aver fatto di più. Il Milan ha fatto tanto: con il senno di poi, si poteva pensare di aggiustare alcune cose. Io non contesto la formazione iniziale, perché mai avrei pensato ad una prestazione così irrazionale di Costant, o a un Flamini così sfiancato e impreciso; l’unica scelta, forse, quella di schierare Niang, avrei preferito un Robinho o Bojan dal primo minuto: serviva più qualità, più tecnica, per contrastare tale livello qualitativo della squadra spagnola. Molti dicono che se c’era stato Pazzini in quell’occasione clamorosa invece di Niang l’avrebbe messa dentro: secondo me, non ci sarebbe nemmeno arrivato davanti a Valdes, non come ci è arrivato Niang, con tale velocità e possesso palla. Un Pazzini sarebbe piuttosto servito nel finale, nell’occasione capitata a Robinho: un attaccante d’area avrebbe attaccato subito verso il primo palo, invece di fare un saltellino titubante che ha fatto perdere il tempo per l’impatto con il pallone.

Dettagli, piccoli dettagli. Sono quelli che, in queste gare, fanno la differenza. Il Milan aveva il vento del destino che soffiava contro, mentre gonfiava le vele della remuntada del Barcellona. Ma per quello che si è visto, la speranza di vedere “forte” questo Milan, costruito da nuovo e con tanti giovani promesse di talento puro, c’è, è grande, e cresciuta ancora di più dopo la partita-batosta di ieri sera. Perché le batoste servono per crescere, e i giovani, prima di vincere, hanno bisogno di “diventare grandi”.

Anche se, io, ieri sera, per un attimo, nel vedere quel giocatore di colore correre verso la porta avversaria, per un gol così importante, così pesante, e colpire solo un misero, inutile palo, non ho pensato, come molti, “se ci fosse stato Pazzini...”, o “se ci fosse stato Balotelli...”; ho pensato, “se ci fosse stato un certo George Weah...”.

Fallo un gol, partendo dalla difesa e scartando mezza squadra avversaria, caro Messi. Poi continueremo a fare sondaggi su chi sia il più forte giocatore della storia...