Pensiero mio...
“Noi Allegri non lo vogliamo!” Cantavano.
Dopo l’epopea Conte, Massimiliano Allegri sembrava una presa in giro, creata ad arte. Sembrava presagire un ritorno ai tempi bui e difficili, alle fatiche di affermarsi, alle cocenti delusioni, alle umiliazioni subite: sembrava un’altra sentenza alla possibile e definitiva consacrazione come “Big” mondiale. Non si poteva toccare san Antonio Conte; tantomeno sostituirlo con chi aveva portato il Milan a quella pochezza di risultati che ne ha sancito l’esonero.
E invece il buon Max ha smentito tutto e tutti. Non il sottoscritto che aveva sollevato fin dal suo insediamento a Torino, il quesito se questa Juve con lui non fosse addirittura diventata più forte. Scudetto in largo anticipo, Coppa Italia (la decima), ed ora la possibilità di vincere la Champions, sono più dei tre indizi che costituiscono la prova: sono tre prove effettive. Delle qualità del tecnico livornese. Qualità che c’erano da molto tempo, ben evidenti già in quel Cagliari che stupiva per gioco offensivo, personalità e concretezza. Si sono, oggi, fortificate, dopo il triennio, glorioso e sofferto, alla guida dei rossoneri, dove ha preso forma e si è forgiata la sua personale esperienza e lo spessore internazionale.
Conte ha ricreato la Vecchia Signora, l’ha fatta risorgere dalle proprie ceneri, come una splendida Fenice: la squadra del pre-calciopoli, per intenderci, la macchina da guerra devastante in Italia. Allegri ha fatto di più: ha creato la Juventus 2.0. Non quella lì, non quella là, ma una Juventus del tutto nuova, la nuova Juve dopo quello scandalo tremendo. Una squadra che può fare la voce grossa anche in Europa, che può pensare di vincere contro gli alieni del Barcellona domani sera, e alzare al cielo di Berlino la Coppa dalle grandi orecchie. Una squadra umile, non strafottente. Lavorativa, meno chiacchierona di quella di Conte. Un gruppo consapevole della propria forza: già consapevole di doversi confermare in Italia per la quarta volta, sfidando noia e ripetitività; ma oggi, consapevole soprattutto di doversi sedere al ristorante da 100 euro con soli 10 euro. Andandone fieri. Senza sbandierarlo come alibi ad ogni occasione buona, come faceva il furbo Conte. Ma come necessità che diventa virtù. Dimostrando che “gioco” e “squadra” son valori ben più fondamentali e fondativi del gioco del calcio, del più famoso, e triste (lasciatemelo dire) “fatturato”.
“Portaci a Berlino!”. Gli umori dei tifosi cambiano in modo repentino. Ma Allegri l’ha comunque fatto.
Ora,
io che ero quasi l’unico che credeva in te e in tutto quello che di buono avresti potuto fare,
ti dico, caro Max, “vinci quella coppa”.
Non te lo chiedo da juventino (sono profondamente e fedelmente milanista).
Ma da italiano.