QUASI AMICI di Eric Toledano e Olivier Nakache

28.02.2012 14:18

Quasi amici è un film semplice. Dove semplicità non significa banalità o superficialità. Bensì assurge a vero e proprio valore. Quindi, qualcosa di importante, fondamentale, e soprattutto, necessario. La storia ispirata a persone ancora esistenti scritta da Eric Toledano e Olivier Nakache, racconta dell'incontro tra l’aristocratico tetraplegico Philippe e il badante di umili origini senegalesi Driss, e dell’improbabile amicizia che nasce tra i due. Un film, dunque, come molti altri, che affronta il tema delicato del dramma umano di un’esistenza immobile, bloccata dalla testa in giù, fatta di sofferenza, di vivere alla giornata, di pazienza e sopportazione, e apparentemente insignificante. La vita di Philippe porta la tragedia dentro la pellicola di Nakache e Toledano; Driss con la sua forza umoristica la tinge di comicità e risate. Il mix costituisce un esempio perfetto di prodotto che riesce a conquistarti, a trasportarti emotivamente, a farti stare bene. Ma dietro ad un confezionamento così curato e piacevolissimo, Quasi amici riesce, quasi di nascosto, in silenzio, senza troppi sbandieramenti, senza mettersi in mostra, a farti riflettere, e a consegnarti un insegnamento degno, efficace, intelligente, umano. Superiore.

Il film si regge, sapientemente ed intelligentemente, sulla teoria dei contrasti. Gli opposti che si attraggono. Due realtà apparentemente così lontane, e agli antipodi, trovano punti di contatto, di somiglianza, di accordo. È spesso pericoloso condurre delle pellicole che trovano il loro punto di forza nei facili sentimenti, nei trasporti emotivi, nelle sensazioni veloci ed immediate, perché si può altrettanto facilmente cadere nel meccanismo narrativo del “mostrare quello che spettatore vuole”; Quasi amici, invece, scorre in modo giusto, in tutta la sua durata, e la sensazione è che sia tutto vero ed autentico, non un sogno troppo facile e bonario, ma una realtà tangibile. Per questo efficace. A concorrere in questo due interpretazioni eccellenti dei protagonisti, François Cluzet e Omar Sy, che si sentono talmente nella parte, quasi da improvvisazione, da far percepire allo spettatore sincerità in ogni parola e gesto, in ogni movimento, e in ogni situazione, anche quelle più esagerate della storia. I due registi li seguono, adottando due registri differenti per quando sono soli, uno per il giovane esuberante Driss, e un altro per Philippe: per andare ad identificare differenze di carattere principalmente e di vita; una mdp per lo più a spalla, in movimento quindi, ma pur sempre cadenzato, misurato ed equilibrato per Driss, tra vita fatta di trasgressioni, di un passato in carcere, di una famiglia troppo grande, non solo numericamente di individui, ma anche per prendersi delle responsabilità e per poter dare un possibile aiuto. Uno stile più stabile, e fisso, per identificare una monotonia e una stanchezza alla vita, quasi noiosa nella sua ripetitività, per Philippe. Due modus operandi che si fondono invece nel momento in cui questi due mondi vanno a scontrarsi ed ad incontrarsi, fino a combaciare quasi completamente; creando una melodia registica particolare, semplice, ma che arriva dritta al cuore, proprio lì dove voleva. Nella composizione si inseriscono quindi in modo molto piacevole – perché piacevole è l’aggettivo più giusto per identificare questo film – anche le note, sempre toccanti del nostro grande Ludovico Einaudi.

Solo una volta terminato ti rendi conto che il film ti ha “non parlato” di un argomento quanto mai classico e ovvio: l’eutanasia. Non compare nel film. Perché è questo che ci insegna Quasi amici: non risolvere la morte apparente con la morte, ma con la vita. Cantando inni alla vita, nelle sue principali essenze: amicizia, amore, sorrisi. Non è un caso perciò che l’ultima scena del film inquadri un incontro d’amore. Perché è l’amore la scelta da fare, non la morte. Un insegnamento che passa nella storia senza proclami. “Non parla” di eutanasia. Come a significare che così dovrebbe essere, perché così è la normalità nella vita reale. Semplicemente.

VOTO 7