STAR WARS - LA VENDETTA DEI SITH di George Lucas

16.11.2015 08:24

Siamo ad un mese esatto dall’evento cinematografico dell’anno (perché è innanzitutto questo, prima che un film) Star Wars – Il risveglio della forza: il capitolo 7, il capitolo che riporterà milioni di fan dentro quell’epopea mitica che abbatté barriere e muri nei cuori di ognuno di loro; riporterà il cinema stesso ad interrogarsi su se stesso, e su quanto George Lucas fece alla fine degli anni ’70, e riprese e concluse, così pareva, nel nuovo millennio: definì il concetto di saga, moderna o propriamente tale, scrisse nuove equazioni per il genere fantascienza, portando a maturazione ibridi perfetti che superavano quel genere per contaminarsi di dramma, di commedia, e soprattutto d’avventura. Prese un mondo reale, il nostro, e ne trascrisse i codici politico-sociali, umani, in un futuro imprecisato, dando forma, aspetto, e vita, ai sogni universali di ogni essere umano, che sono in prima istanza i suoi, perseguiti pervicacemente: viaggi intergalattici, pianeti come Paesi su cui approdare, astronavi, esseri alieni, e spade laser.

Quell’Universo tra poco meno di un mese tornerà a far vibrare, con le noti celebri del tema di John Williams, le pareti delle sale cinematografiche, non solo per far rinascere il mito, ma per far riscoprire quel senso di meraviglia che è il DNA del cinema, di cui spesso ci dimentichiamo, e che Star Wars ha incarnato come pochi altri. Tanto che non risulta fuori luogo affermare che se Anakin è stato concepito dagli stessi Midi-chlorian, cioè dalla Forza, così Star Wars è stato concepito per e partorito da la Meraviglia del Cinema.

 

Se c’è un film che innalzerei, per staccarlo dagli altri, così da mostrarlo per celebrare l’intera saga, e per poterne dire come di un Capolavoro, proprio con l’obbiettivo di iscrivere nella storia l’evento Star Wars, è il terzo capitolo, Star Wars – La vendetta dei Sith. Il film, l’ultimo in ordine di tempo, del 2005, è la sintesi richiesta, perciò perfetta, tra la prima parte della trilogia (la più recente in ordine di realizzazione) e l’ultima, cioè i primi tre film prodotti. È sicuramente il film che ogni fan amante delle tre opere classiche, il quarto, quinto e sesto capitolo, avrebbe desiderato vedere: perché è lì il centro narrativo di tutto, perché è lì che si mostra il passaggio al lato oscuro di Anakin Skywalker, è perciò lì che nasce Darth Vader, che cadono i Jedi, che si rompe l’armonia della Repubblica a favore della tirannia dell’Impero. Tutto ciò che accade nei film “vecchi” trae linfa emozionale ed empatica, e si carica di significato e pathos, proprio per quello che il terzo capitolo racchiude preziosamente nelle sue due ore e mezzo di durata. La vendetta dei Sith è il cuore pulsante della saga, è il nucleo, e perciò è il suo apice. E non lo è solamente, si fa per dire, per queste chiare e fondamentali ragioni di trama, di contenuti, di forza trasmissiva passionale, ma anche per un’importante realizzazione tecnico-stilistica: meno banalmente trascinata e dunque tralasciata rispetto al secondo capitolo, sicuramente più forte e consapevole anche in paragone al primo, e, con le dovute proporzioni (di età realizzativa diciamo, soprattutto), paragonabile ai tre monumenti degli anni 70-80. Lucas torna ad impugnare la macchina da presa con l’intenzione di farle scrivere pagine di epica, di farle narrare il dramma più importante dell’intera storia camminando in equilibrio sul filo delle aspettative dei suoi fan; con l’intenzione di farle dipingere il male in dettagli di espressioni su primi piani di volti che mutano e si trasformano; con l’intenzione di farle assecondare gli spasmi e i turbinii passionali del proprio cuore di “creatore”, e come primo, perciò universale, spettatore dell’universo Star Wars. Forse qua e là sbaglia qualcosa, ma poco importa, quando hai alle spalle una sceneggiatura totale così ampia e vasta, decisamente impiantata per valore assoluto in questo terzo capitolo; e poco importa quando a renderla così centrale, e contribuire ad innalzarla, c’è una fotografia che a fatica riesce a rischiarare le tenebre che inevitabilmente si addensano nella Galassia; c’è un montaggio che racconta di come male e bene convivano, di come morte e vita siano sulla stessa retta, estremi dello stesso segmento chiamato esistenza; c’è una colonna sonora che si abbandona con la sua melodia nel mare dei sentimenti velati di tristezza, ma non lasciando tuttavia quelle poche note, riconoscibili, di speranza.

Poco importa, è vero.

Poco importa tutto quanto, tutto il resto, quando c’è il Cinema che, come il grido di un bambino che vuol affermare la sua presenza, riesce a cantare in modo così palese ed estremo la sua esistenza. Essenza.