UN SAPORE DI RUGGINE E OSSA di Jacques Audiard

07.10.2012 14:05

Un film sul dolore, sulla disperazione, sulle difficoltà della vita. Un film che parla dei limiti, fisici, sociali, ma anche interiori dei due particolari e opposti protagonisti: Stephanie, personaggio intenso interpretato da una splendida Marion Cotillard, e Ali, aspirante pugile, che con un figlio a carico, deve riuscire ancora a capire come muoversi nella vita propria e degli altri. Nel loro incontro, e nello scontro di due caratteri e aspirazioni diverse, capace di valicare i limiti di entrambi, il film di Audiard costruisce la sua personale riflessione, in ultima analisi, sull’amore: che rimane tra le linee, senza emergere più del dovuto, senza farsi sentire troppo nel piano emotivo. Risultando, a tratti un esercizio interessante, a tratti troppo presuntuoso, scivolando via in modo freddo e distaccato.

Stephanie, ragazza molto bella, ma inquieta, trova sfoghi e motivazioni nella sua passione, come allenatrice di orche: una passione che, tuttavia, un giorno, causa un incidente, gli priva delle gambe, rendendola di fatto più insoddisfatta e insofferente verso la sua vita. Si chiude in se stessa, perdendo la speranza, e cadendo in depressione. Sarà il personaggio di Ali a ridarle passione e motivazioni: un ragazzo, padre di un bambino, con il quale si trasferisce dal Belgio a Cannes, in Francia, dalla sorella, per cercare un lavoro; che vive la vita per esperienze occasionali, di istinti, mosso anche lui da una passione, quella per i combattimenti, le lotte a mani nude, che gli fa trascurare gli affetti , verso il figlio e la sorella. La matura e razionale, ma debole e sconfitta, menomata nel fisico, Stephanie, si scontra, con l’immaturo ma semplice Ali, con la sua carica di vita e la sua voglia di vivere, con il suo atletismo e la forza fisica. L’amore nasce, in silenzio, con naturalezza, più con gesti e sguardi che con le parole: e cura la giovane donna. Poi questo amore cresce e, in un finale imprevisto per Ali, che si vedrà costretto a salvare il figlio, scoprendosi in definitiva vero padre, riuscirà a curare anche lui: mettendo ordine nelle rispettive vite. Un ordine che Audiard non riesce a raggiungere in modo completo. Perché se è vero che la storia, come riportata, presenta spunti di notevole interesse, questi non riescono a venir fuori con le giusti dosi di intrattenimento empatico per lo spettatore, e nemmeno cinematografico: dovuto ad uno stile troppo licenzioso, a volte esagerato, e sempre uguale, dando al film una linea monotona, del quale avrebbe fatto sicuramente a meno. Un esercizio sterile del regista, che a volte sembra perdere le coordinate della narrazione, dimenticandosi “cosa” sta raccontando, e non riuscendo di fatto a raccontarlo: i piani stretti, che nella logica tematica trovano anche la loro giustificazione – nel rappresentare quella chiusura dentro quei limiti dei protagonisti di cui si accennava prima – a lungo andare rendono l’opera troppo claustrofobicamente fredda; uno stile sporco, fatto di poche inquadrature pulite, nitide, precise, che non è un’accezione dispregiativa, ma che lo diventa se inizi a compiacerti di questa “sporcizia”. È quello che fa Audiard, che non riesce ad innovarsi, che raggiunge in alcune sequenze valori cinematografici alti, come tutta quella finale, dall’incidente occorso al bambino e il salvataggio disperato del padre, o che trova nel fotografare dettagli di atteggiamenti, movimenti e sguardi dei suoi personaggi, il suo punto di forza; ma che rimane lì, con le stesse inquadrature, con gli stessi movimenti di macchina, con la stessa dialettica fuoco- fuori fuoco, un po’ in balia anche lui di alcuni limiti. E non supportato dalla colonna sonora, che mette in pentola ingredienti in confusione: molti silenzi, che spesso non riescono a dire niente, poco evocativi, e parti con musica di sottofondo, che sembrano invece silenzi, nel vero senso letterario del termine.

Un sapore di ruggine e ossa è un film a tratti incomprensibile: quello che ti lascia è effettivamente poco, sebbene tuttavia resta una storia, che con i se e con i ma, qualcosa, per la sua portata esistenziale, nonché attuale, riesce a passarti. Ma se di amore si voleva parlare, il titolo in questo senso risulta esplicativo: ha il sapore di ruggine e ossa, né più né meno. Niente di trascendentale. A chi piace però... 

VOTO 6