LA COSA di Matthijs van Heijningen Jr.
Chi scrive non ha visto l’originale di Carpenter. Del quale, questo La Cosa, più che un remake si costituisce come prequel rispetto ai fatti narrati nel film del 1982. Per questo motivo, non avanzerò paragoni con il film del maestro John, anche se dalla visione del film è piuttosto chiaro l’intento del quasi sconosciuto regista Matthijs van Heijningen Jr., di unire nella stessa due strade diverse: una, quella dell’horror movie anni ’80, e l’altra, quella del fanta-horror dei nostri tempi. Un percorso, direi, azzeccato. Peccato per qualche ostacolo pericoloso qua e là.
Il film, da perfetto prequel, termina come quello di Carpenter era iniziato (pur non avendolo visto, trattandosi di un vero e proprio cult, alcune scene sono piuttosto famose). Quindi ci fa vedere da dove proviene la Cosa, gli scienziati norvegesi che l’hanno trovata tra i ghiacci, e la loro base dove, inizialmente, è stata conservata intatta nell’involucro di ghiaccio estratto dal sottosuolo dell’Antartide, e dove poi, liberandosi, ha iniziato a fare strage delle persone che hanno preso parte al progetto, chi per un motivo chi per altro. La trama presenta opportunità interessanti e importanti, alcune sfruttate a dovere dagli autori del film, altre meno. Che questa Cosa poteva creare un perfetto clone della sua vittima, diffondendosi di fatto come un virus, è un’idea forte che si ripercuote positivamente nei meccanismi della narrazione: a beneficiarne sono la suspense, le attese, il ritmo e anche qualche salto sulla poltrona del cinema. Si crea un pericoloso gioco intellettualistico dal sapore thrilling tra tutti i malcapitati ricercatori, per cercare di capire chi potesse essere tra di loro la Cosa e chi invece fosse ancora un umano: si va a marcare, con questo espediente, un aspetto sociale interessante fotografato nella perdita totale di fiducia verso il prossimo, anche verso chi consideravi un amico, e nella trasformazione in animali, mossi dal solo istinto di sopravvivenza. Aspetto che sta al centro della narrazione, giustamente, e a cui le diverse situazioni rimandano e riflettono in un certo modo; ma non al centro dell’impianto ideologico o contenutistico del film. Purtroppo. Di fatto il lavoro di van Heijningen Jr., con buona “colpa” della sceneggiatura, non riesce ad approfondire psicologicamente i personaggi messi in scena, non riesce a fare forza su queste debolezze dell’uomo, né mostrandole adeguatamente, né sfruttandole per far uscire comportamenti umanamente (e moralmente) significativi. E condivisibili.
Se, quindi, da un lato, lo sforzo del regista e dello sceneggiatore di emulare senza demistificare il cult di Carpenter e quindi di tutto un genere horror preciso anni ’80 sia stato, senza esagerare, ripagato bene dal risultato ottenuto, evidenziato nelle accurate ambientazioni, negli snodi e sviluppi narrativi, e soprattutto nella rappresentazione della Cosa, innalzata a mito del Mistero (più strano e particolare); la stessa cosa si può dire del tentativo di rendere il tutto più moderno e partecipativo per lo spettatore di oggi, mai sazio di horror o pseudo tali, che di fatto occupano più di una sala cinematografica ogni weekend, gestendo bene gli effetti speciali, i momenti gore, i balzi sulla poltroncina, la tensione provocata dall’atmosfera thriller, che lascia spazio a dubbi e quesiti (non troppo complicati effettivamente, ma è già tanto che ci siano) fino in fondo. Dall’altro lato la mancanza di peso specifico dato a tutta la vicenda costituisce una lacuna piuttosto grave per la pellicola: non perché il film avrebbe dovuto averlo per forza, perché poteva benissimo costituirsi come semplice prodotto di intrattenimento, anche sapiente. Ma se la storia che narri te ne dà la possibilità, e ti dà l’opportunità di allargare il raggio d’azione del tuo cinema, è giusto sfruttarla, ed è sbagliato non farlo.
Un film piacevole, rispettoso, e in un certo senso positivamente nostalgico. Ma se si fa bene la strada e poi ci si lascia in mezzo qualche ostacolo, qualcuno potrebbe infastidirsi, e non apprezzare. E sarebbe (è) un peccato.
VOTO 6