QUELLA CASA NEL BOSCO di Drew Goddard
Un horror così intelligente era da tanto tempo che non lo vedevo. Anzi risulta piuttosto originale, nonché unico, nel suo genere. E questo è sicuramente, come di solito è, un buon giudizio per valutare un film in positivo. Peccato, però, che Quella casa nel bosco questo valore di originalità ed unicità non lo sfrutta completamente, non se ne fa forza per poter aspirare a diventare qualcosa di importante, da ascriversi in modo indelebile e autoritario nel panorama dell’horror cinematografico. Infine, un’occasione sprecata. Più sprecata di altre, forse.
Non mi sorprende che dietro al progetto di questo film ci sia la mente di Joss Whedon, regista particolare, autore dell’interessante The Avengers. Perché del fatto che sia piuttosto geniale, ora ne abbiamo avuto la conferma. Quella casa nel bosco è il film horror che ogni spettatore appassionato di questo genere – quelli che, come il sottoscritto, stanno a commentare ogni minimo dettaglio del film giudicandolo sempre scontato e banale, ovvio, oppure ogni decisione presa dai suoi protagonisti con conseguenti offese più o meno ironiche e carine, come fossero tuoi amici – si aspettava. Perché il film stesso commenta se stesso. L’opera scritta da Whedon e Goddard, e firmata alla regia dallo stesso Goddard, mette in scena non solo la storia horror classica e piuttosto lineare, con tutti gli stereotipi e gli stilemi del genere: la ragazza di facili costumi che muore per prima, l’atletico, lo studioso, l’imbranato, e la vergine, che rimane per ultima; la casa isolata nel bosco fittissimo e alla quale arrivi attraversando una galleria (di solito è un ponte) che costituisce l’unico tramite per tornare a casa; zombie e elementi sovrannaturali; paura, orrore e riluttanza, suspense e splatter. Ma anche, e soprattutto, mette in scena gli autori dell’horror, che diventano anche, necessariamente, gli spettatori. Di conseguenza, invetabile, mette in scena anche noi: proprio noi, quelli che critichiamo ogni scena. Si va a costituire pertanto un interessante discorso metahorror, una riflessione che appassiona e coinvolge. Che difende e ridicolizza, allo stesso tempo, il genere. Ma anche che lo potenzia notevolmente. Perché dentro a Quella casa nel bosco c’è tutto quello che un vero amante di questi film desidera vedere, e tutto quello che ci dovrebbe stare per essere chiamato un buon horror: e spesso, quando si parla di questo genere cinematografico, le due prospettive coincidono. Rimangono impresse le sequenze finali: un tripudio di mostri, tutti quanti, da quelli mitologici a quelli letterari e più moderni, e di conseguenza un tripudio di sangue e gente morta. Rimangono impresse le tantissime citazioni ai tanti film cult del genere, da Non aprite quella porta a La notte dei morti viventi, da La Casa a Venerdì 13.
Come Scream, Quella casa nel bosco scompone il meccanismo Horror (emblematica in questo caso l’inquadratura che richiama Il Cubo di Vincenzo Natali) e ce lo mostra. E si fosse accontentato di questo, staremmo qui a parlare, forse, di un film ottimo, un unicum. Invece no. Ricompone e costruisce. Crea di nuovo: novità che arricchiscono la sceneggiatura. Troppo, troppo eccessivamente, andando oltre il limite. Raggiungendo l’apice con l’inquadratura finale. E cadendo, forse addirittura precipitando, nel demenziale. Purtroppo.
Occasioni sprecate...to be continued.
VOTO 7