THE AMAZING SPIDERMAN di Marc Webb

23.07.2012 19:11

Inutile: una parola forte, forse anche pesante. Ma è quello che pensavo prima dell’uscita di questo film, ed è quello che penso dopo essere riuscito a vederlo. Perché provare a capire il motivo che sta dietro ad un' operazione produttiva di questo tipo - azzerare il franchise di Spiderman, e ricrearne uno nuovo - è davvero compito arduo. Diventa quasi impossibile poi, dopo aver visto il prodotto di Marc Webb. Che a me durante l’intera proiezione non ha fatto altro che alimentare il desiderio di rivedere quei primi due capitoli della saga creata da Raimi, circa 10 anni prima. Un film, questo The Amazing Spiderman, incoerente e incongruente. Verso se stesso. Verso il fumetto e il mondo dell’Uomo Ragno.

C’è l’intento di aggiungere qualcosa di nuovo, nel profilo del supereroe ragno: come il periodo della sua infanzia privata dell’amore e dell’educazione (quest’ultima sembra mancare di più a Peter) dei genitori; come i maggiori dettagli sulla sua trasformazione, cos’era quel ragno e da dove nasceva scientificamente l’idea della mutazione genetica, elemento che lo unisce sentimentalmente al padre, co-autore di questo progetto scientifico. E cosa forse più interessante della trama del film, perché riesce a rendere la storia di Peter Parker più verosimile, e meno fantascientifica, dando al pubblico un appoggio reale sul quale stare, per poi poter “evadere” in piena sicurezza. E infine, forse l’aspetto sul quale sceneggiatori e regista hanno insistito di più, la vicenda d’amore tra Peter e Gwen Stacy. Purtroppo toppando clamorosamente. I dialoghi tra i due sono di una superficialità assurda, quasi sembrano usciti (ahimè) dalla peggior commedia adolescenziale da cinema italiano attuale (di nuovo, ahimè). Far fare a Andrew Garfield (un attore da grandi prospettive) versi da adolescente che non è, stride non poco: è vero che lo Spiderman del fumetto è effettivamente così, che si vanta dei suoi poteri e prende in giro l’avversario di turno, che può essere un delinquente o un bullo di scuola; ma nel fumetto ha 16 anni, e deve convivere all’improvviso con dei poteri sovrannaturali, più grandi di lui. Anche il Peter Parker del film, a detta dello sceneggiatore e del regista ha 16 anni, ma l’attore no, per niente. E così si scivola nel ridicolo. Allo stesso modo facendo dire a Emma Stone (altra attrice interessante), “papà ho 17 anni!”, che palesemente non ha. Incoerenza e incongruenza. L’ incedere della narrazione fa fatica a procedere, sembra spesso incepparsi: i pretesti narrativi della storia che dovrebbero mandarla avanti producendo azione, mettendo in moto soprattutto il nostro eroe, a volte sono banali e scontati, altre volte rimangono inspiegabilmente inconclusi (la vendetta dello zio?). Incoerenza. Il solito villan di turno che sembra messo lì più a coprire un ruolo “dovuto”, invece che a fare veramente il cattivo e accattivare e allo stesso tempo terrorizzare il pubblico in sala: senza peso, debole. Il Bane del trailer de Il Cavaliere Oscuro- Il ritorno, mandato prima della proiezione, riesce a terrorizzare di più, in soli 30 sec, e pochi fotogrammi. A Marc Webb manca lo spessore di Raimi, manca la sua volontà di rendere un cinecomic più di un semplice prodotto di intrattenimento. Al suo film manca la drammaticità e l’amore dei primi due episodi, particolarmente. La morte dello zio provoca vergogna, odio e rabbia, sentimenti e stati d’animo forti e pericolosi, contrastanti, nell’eroe di Raimi, che a fatica o mai, scompaiono, tornando continuamente, a ricordare la fragilità della condizione umana di un giovane ragazzo al quale il destino ha affidato una responsabilità più grande delle sue possibilità: la stessa zia, pur amando infinitamente il suo nipote, difficilmente riesce a perdonarlo, ritenendolo caparbiamente unico e vero responsabile della morte del marito. Qui, invece, il dramma dura appena due scene, e il rapporto con la zia si consuma velocemente in qualche sguardo e battuta veloce.

Poi basterebbe la scena, diventata ormai un cult, del bacio tra Spiderman, a testa in giù, e Mary Jane, da sola, per raccontare tutto il romanticismo di quell’amore quasi trasgressivo perché caratterizzato dal mistero della maschera, e per innalzare la regia di Raimi, la sua creatività, al di sopra di tutto il lavoro fatto da Marc Webb in questo suo primo prodotto ad alto budget.

Però... il solo cameo di Stan Lee, vale il prezzo del biglietto. Dopo The Avengers sembra averci preso gusto ad inventare situazioni nuove e ad inventarsi continuamente in ruoli particolarmente interessanti. Cinematograficamente parlando.

VOTO 5