TOP & FLOP di Aprile 2016

01.05.2016 14:25

TOP

  • Il cinema italiano che piace. Di genere, nuovo perché sapientemente ripescato e rispolverato: coraggioso, ambizioso, forte. Bello. E cinematografico. Più Veloce come il vento e meno Quo vado. Andiamo! VELOCE COME IL VENTO di Matteo Rovere
  • Il documentario Hitchcock/Truffaut di Kent Jones. Forse un po’ didascalico. Forse non dice molto di diverso da ciò che leggiamo nel famoso volume, opera monumentum della letteratura cinematografica. Ma tanto basta: perché come accadeva nella lettura, ascoltando i due maestri, Hitchcock in particolar modo, e l’ancora giovane Truffaut, ci si tuffa nel cinema senza accorgersene, e si rimane immersi a lungo: incantati, affascinati, sedotti. L’occasione per lo spettatore comune di capire un po’ meglio cosa sia questa Arte così giovane; per il cinefilo, o il cineasta, la conferma di un amore nato in un preciso momento, e che non cesserà mai.
  • 10 Cloverfield Lane senza la parte finale. Intenso, lucido, attento ai dettagli, alle dinamiche interne/esterne dei tre personaggi. Funzionante nella stessa misura in cui riesce ad essere funzionale per il coinvolgimento dello spettatore. Quindi ottimo. Senza il finale, però. Fate finta che non ci sia, non sia stato mai girato. 10 CLOVERFIELD LANE di Dan Trachtenberg

FLOP

  • Il cacciatore e la regina di ghiaccio di Cedric Nicolas-Troyan. Inizia e sembra Frozen. E già resti basito. Poi più procede, più rimpiangi Frozen. Perché non riesci a capire più cosa voglia essere, e il film stesso non sa più cosa sia: un fantasy, un film disney, una commedia, un film di supereroi. Le palpebre si fanno pesanti, e si sfiora il collasso: no, non solo noi, proprio il film, un collasso cinematografico! Si arriva in fondo solo per un motivo: Charlize Theron. L’unica cosa bella di un film brutto.
  • Gus Van Sant. Un’eclissi di sole. Scomparso dietro la pessima sceneggiatura de La foresta dei sogni firmata da Chris Sparling. Perché accettare questi lavori, mi chiedo. Non è meglio lasciar fare a un Lasse Hallström qualunque? Tu, caro Gus, non puoi essere così superficiale, così didascalico, così privo di slancio, sia estetico, sia vertiginosamente interiore. Facciamo finta che non sia tu. Che non sia successo niente. Che non esista nemmeno questo che si vuol chiamare “incidente di percorso”. Perché tu non sei nemmeno da incidente di percorso. Allora voglio restare ancorato a Promise Land, o meglio ancora a L’amore che resta, dove dolore e amore, saggiavano questa loro rima in modo livido e sublime. E non così scialbo.
  • Gli illogici meccanismi dei David di Donatello. Secondo me se un film vince i 4 premi per tutte e 4 le interpretazioni, maschile e femminile, protagonista e non, se vince la regia (esordiente), se vince anche produzione e montaggio, è per logica, pura e semplice logica, il miglior film italiano dell’anno. Invece, Lo chiamavano Jeeg Robot non è nemmeno nominato nella cinquina di miglior film. Mah...